Strage di Erba: come si sono svolti i fatti (#1)
La richiesta di revisione del processo per la Strage di Erba si configura come un momento decisivo per le sorti di due condannati all'ergastolo, che secondo molti potrebbero essere innocenti.
Torniamo a scrivere sul nostro sito e sulla nostra newsletter in occasione delle nuove udienze (la prima tenutasi l’1 marzo 2024 presso la Corte d’Appello di Brescia, rinviata successivamente al 16 aprile per permettere alla difesa di studiare le memorie presentate dall’accusa) per giudicare la richiesta di revisione del processo per la Strage di Erba, presentata dal sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser. La sentenza della Corte d’Assise di Como, che condanna i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, è passata in giudicato, essendo stata confermata prima dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano il 20 aprile 2010 e avendo superato successivamente il giudizio di legittimità della Corte di Cassazione, che, con la sentenza del 3 maggio 2011, ha definitivamente chiuso il caso. Le “nuove prove” scoperte dalla difesa dei coniugi Romano, però, potrebbero portare alla revisione del processo.
Si tratta quindi di un momento cruciale. L’accoglimento della richiesta di revisione potrebbe cambiare, dopo anni, la sorte dei coniugi Romano e potrebbe stravolgere definitivamente il racconto che fino ad oggi è stato fatto dell’accaduto. La Redazione è convinta che la ricostruzione di questa vicenda e di tutte le fasi processuali sia fondamentale per introdurre una riflessione sul funzionamento della giustizia italiana e, più astrattamente, sul principio di giustizia nello Stato costituzionale di diritto. Per questi motivi produrremo una serie di articoli molto dettagliati, frutto dello studio di alcuni degli atti processuali e di inchieste fatte da eminenti giornalisti su quello che il pubblico ministero Massimo Astori ha definito “uno dei crimini più atroci nella storia della Repubblica”. In tali articoli saranno presenti anche materiali utili per meglio comprendere lo svolgimento delle indagini ed evidenziare alcune importanti incongruenze non prese in considerazione durante i dibattimenti in aula, come intercettazioni, interrogatori, spezzoni del dibattimento, verbali prodotti durante lo svolgimento delle indagini, e molto altro. Olindo Romano e Rosa Bazzi sono realmente gli assassini della Strage di Erba? Perché in aula non sono stati presi in considerazione molti dettagli che si sarebbero potuti rivelare determinanti nello scagionare i due coniugi? E quand’anche fossero gli assassini, perché nelle ricostruzioni ufficiali non si è riusciti a risolvere evidenti problemi logici relativi alla dinamica dei fatti? Qualora i due coniugi si rivelassero innocenti invece, quali potrebbero essere le piste da seguire? A queste domande tenteremo di rispondere passo passo, analizzando ogni particolare degno di nota.
P.S. Il presente articolo non contiene in nessun modo materiali o teorie nuove, ma si limita semplicemente a riportare e commentare inchieste giornalistiche già pubblicate sui principali canali di informazione.
Strage di Erba: i fatti
Il primo articolo della serie sulla Strage di Erba non può che riguardare la ricostruzione dei fatti avvenuti la sera dell’11 dicembre del 2006, dettagliatamente riportati nella sentenza di primo grado e nella trasmissione di Italia 1 “Le Iene”.
Raffaella Castagna è una ragazza di 30 anni che vive con il marito e suo figlio in una corte sita in Via Diaz 25, a Erba, in provincia di Como, più precisamente al civico 25/C, nella cosiddetta “palazzina del ghiaccio”. È figlia di Paola Galli, 57 anni, e Carlo Castagna, all’epoca dei fatti 62enne, e sorella di Giuseppe e Pietro Castagna. Il marito, con cui ha avuto un figlio di nome Youssef, 2 anni, è Azouz Marzouk, un extracomunitario di origine tunisina venuto in Italia nel 2002. L’appartamento della Castagna si trova al primo piano della palazzina del ghiaccio e confina per il soggiorno e la cucina con quello di Rosa Bazzi e Olindo Romano, che si trova accanto alla palazzina, il cui ingresso però è diverso ed è posto al piano terra. Al piano superiore, nella mansarda, vivono due coniugi, Mario Frigerio e Valeria Cherubini. Al piano terra invece vive una coppia di siriani, Abdelkarim Khalouf ed Heba Baddoura.

Raffaella lavora presso una casa di riposo a Magreglio e presta assistenza agli anziani disabili. Per tornare a casa ogni giorno prende un pullman che ferma ad Asso Canzo, e poi un treno che la riporta ad Erba. Lo stesso accade la sera dell’11 dicembre 2006: arrivata ad Asso Canzo, Raffaella prende il regionale per Erba, che è un po’ in ritardo, e parte intorno alle 19:36. Poco prima (verso le 19:20) la madre, Paola Galli, accompagnata dal figlio Youssef, esce dalla casa della famiglia Castagna con la Lancia K del marito Carlo, per andare a prendere la figlia alla stazione di Erba. Il regionale dove è salita Raffaella arriva ad Erba alle 19:49. La ragazza scende e raggiunge la madre che la sta aspettando in Piazza Padania. I tre quindi percorrono il breve tragitto che li separa dalla corte di Via Diaz 25 (Via Dante, Corso XXV Aprile, Via Volta e Piazza Vittorio Veneto) dove arrivano alle 19:56. Entrati nel cortile, Paola decide di accompagnare Raffaella fino a casa, lasciando le chiavi della macchina inserite e la portiera aperta. Secondo le ricostruzioni, sarebbero arrivati alla porta dell’appartamento della Castagna tra le 19:58 e le 20:00, ma, aperta la porta, avrebbero trovato il buio (una perizia dell’Enel attesterà che il contatore generale dell’appartamento era stato staccato alle 17:45).
A questo punto le ricostruzioni sono discordanti. Nella sentenza della Corte d’Assise di Como del 2008 è riportata una dinamica dei fatti che non sembra essere perfettamente coerente con alcune testimonianze e con nuove prove pubblicate in importanti inchieste giornalistiche. Infatti nella motivazione della sentenza i giudici affermano che gli assassini non si sarebbero introdotti nell’appartamento della Castagna prima dell’arrivo di Paola Galli, Raffaella Castagna e Youssef Marzouk, ma che essi sarebbero sopraggiunti successivamente al loro rientro. Tale ricostruzione però, secondo i giornalisti Antonino Monteleone ed Edoardo Montolli, stride con tre passaggi fondamentali. Il primo riguarda una testimonianza dei coniugi siriani (riportata nella sentenza mai presa realmente in considerazione), Heba Baddoura e Khalouf Abdelkarim, che hanno affermato con assoluta certezza di aver sentito rumore di passi provenire dal piano di sopra intorno alle 18:30 del giorno della strage. Il secondo riguarda il fatto che, come riportato da Montolli nella sua inchiesta, il contatore dell’Enel avesse registrato un picco di consumi elettrici prima che la luce fosse staccata alle 17:45, i quali sarebbero riconducibili ad attività umane. Infine il terzo riguarda il rinvenimento sul luogo del delitto di un mazzo di chiavi mai riconosciuto da nessuno e perciò di ignota appartenenza. Tutto ciò fa presumere che all’interno dell’abitazione si fosse già introdotto qualcuno nelle ore precedenti la strage.
Ma torniamo alla narrazione dei fatti. Raffaella Castagna, Paola Galli ed il piccolo Youssef Marzouk, aprono la porta e, stando alle inchieste giornalistiche poc’anzi citate, vengono brutalmente aggrediti, colpiti in successione e uccisi in pochi minuti. La prima ad essere attaccata è Raffaella. Viene aggredita verosimilmente da due persone, una che ha in mano una spranga, l’altra un piccolo coltello, e le viene tagliata la gola. Subito dopo viene colpita ripetutamente con un coltello più grande. In tutto viene colpita 18 volte. Successivamente viene aggredita Paola che, dopo aver tentato di difendersi, viene scaraventata contro un mobile dove viene colpita 6 volte al corpo e 6 volte alla testa. Poi gli assassini la sgozzano. Nel salotto gli assalitori trovano il piccolo Youssef che, poggiato sul divano, tenta in tutti i modi di difendersi. Uno degli assassini gli afferra il braccio per tenerlo fermo e l’altro gli recide la carotide cagionandogli la morte. Avvenuto ciò, uno degli aggressori prende alcuni libri, li poggia sul letto di Raffaella e Azouz e gli dà fuoco con dell’alcol etilico. Stessa cosa con la cesta dei giochi di Youssef.
Nel frattempo, al piano di sotto, Abdelkarim sta per mettersi a cenare e sente dei colpi seguiti da lamenti femminili provenire dal piano di sopra. Poi il silenzio. Sono gli stessi istanti in cui, all’ultimo piano, Mario Frigerio e Valeria Cherubini sentono 4 o 5 urla, ma, pensando che fosse uno dei soliti litigi, non intervengono. Sono le 20:05 quando Valeria Cherubini decide di portare a spasso il suo cane di nome Martina e passa sul pianerottolo dell’appartamento di sotto avvolto dal silenzio. Pochi minuti prima, rientra nella corte di Via Diaz Claudia Canali, moglie di Glauco Bartesaghi, uno dei primi soccorritori, la quale abita nella palazzina di fronte a quella della Castagna (Claudia Canali dichiarerà di non aver visto l’auto di proprietà di Olindo Romano e Rosa Bazzi nel momento del suo rientro). Il primo allarme scatta alle 20:15 quando, Vittorio Ballabio, inquilino della palazzina di fronte, si affaccia dalla finestra per sbattere la tovaglia del tavolo dove ha da poco finito di cenare e vede del fumo uscire dalla finestra che dà sul pianerottolo di casa di Raffaella. A quel punto decide di allertare immediatamente il vicino di casa Glauco Bartesaghi che è vigile del fuoco volontario.
Intanto Valeria Cherubini verso le 20:16 si trova in Piazza Mercato e sta rincasando (una testimone dichiarerà di averla vista proprio a quell’ora. Sarebbe stato l’ultimo avvistamento della Cherubini da viva fuori dalla corte). Dopo essere entrata nel cortile, imbocca l’ingresso della palazzina del ghiaccio, sale le scale, vede il fumo uscire dall’appartamento del primo piano e, spaventata, rende edotto il marito Mario Frigerio di ciò che aveva visto. I due coniugi decidono perciò di scendere a vedere cosa stesse succedendo ma vengono brutalmente aggrediti. Frigerio viene afferrato, gettato a terra, preso a pugni e poi accoltellato più volte alla gola. È difficile invece stabilire cosa sia successo alla moglie. Ma di questo parleremo più avanti.
Alle 20:23 Ballabio e Bartesaghi spostano la Lancia K guidata da Paola Galli quella sera e si precipitano all’interno della palazzina del ghiaccio. Tra il fumo e le fiamme, vedono Mario Frigerio ancora cosciente che è accasciato sul pianerottolo. È gravemente ferito, lordo di sangue, non riesce a parlare. Per allontanarlo dalle fiamme, Bartesaghi lo trascina più avanti prendendolo dalle caviglie e subito dopo entra nell’appartamento di Raffaella e Azouz. Si trova davanti il corpo di Raffaella che prova a trascinare fuori dall’abitazione. Prova ad andare anche da Youssef, ma è impedito dalla quantità di fumo e di fiamme che si trova davanti. Frigerio riesce a comunicare con dei gesti che la moglie si trova al piano di sopra. Difatti i due soccorritori sentono nitidamente delle richieste di aiuto, ma non riescono a salire a causa del troppo fumo. Dopo essere scesi nuovamente tentano un secondo accesso nell’abitazione di Raffaella usando un piccolo estintore, senza però riuscire a fare nulla. Valeria Cherubini verrà trovata vicino alla tenda del soggiorno di casa sua, colpita 43 volte, col cranio sfondato, la gola squarciata, la lingua tagliata e con 5 grandi ecchimosi sparse sul corpo. I primi ad arrivare sulla scena saranno i Vigili del Fuoco di Erba, chiamati da Claudia Canali alle 20:29.

Questo quanto accaduto la sera dell’11 dicembre 2006 ad Erba. Nei prossimi articoli, che usciranno settimanalmente, andremo a trattare alcuni dei dubbi sorti in questi anni circa l’attendibilità delle interpretazioni dei magistrati che hanno determinato la condanna dei coniugi Romano alla pena dell’ergastolo.
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